//Niccolò Fabi in concerto per far perdere l’equilibrio
Niccolò Fabi in concerto

Niccolò Fabi in concerto per far perdere l’equilibrio

di Giacomo Baudi

Niccolò Fabi in concerto al Teatro Colosseo di Torino il 12 gennaio 2020.

Non sono solito assistere a un concerto da seduto. Ma se il concerto in questione è di Niccolò Fabi posso fare un’eccezione ben volentieri.
Mentre la gente prende posto le note di un pianoforte iniziano a propagarsi nello spazio del Teatro Colosseo, e grazie al fondamentale supporto di Shazam capisco trattarsi degli incredibili Sigur Rós (e, in particolare, di Untitled #3 – Samskeyti). La canzone si avvia verso un crescendo, il volume si fa già intenso e prepotente, fino allo spegnersi delle luci nel teatro.

È trascorso il quarto d’ora accademico dall’orario segnalato come inizio previsto del concerto, entrano i musicisti e infine Fabi.
Apre il concerto con alcuni dei pezzi dell’ultimo album, uno di fila all’altro (tra cui Io sono l’altro, uscito a settembre per anticipare l’album). Poi, faro puntato su Fabi, che prende parola per spiegare l’ultimo pezzo suonato, Nel blu: una spinta a tuffarsi, a trovare il coraggio per buttarsi e fare ciò che da tempo desideriamo, augurando che questo concerto possa essere la mano che ci dà la spinta e fa perdere l’equilibrio, anche solo per quella sera.

Gli effetti di luce sono davvero belli, a tratti talmente forti da dover strizzare gli occhi. Insieme alle luci, sei schermi sul palco fanno da scenografia allo spettacolo. Il palco vuole sembrare una “finestra”, a detta di Fabi, da cui si affacciano lui e la band che lo accompagna, schierati su due
linee come non ci fosse un frontman. Iniziano quindi a suonare alcuni dei pezzi che tutti aspettano: Una somma di piccole cose, Facciamo finta
Il pubblico canta timidamente le canzoni, quasi sussurrando le parole. Il concerto a teatro porta a godersi in modo differente lo spettacolo e ad assaporare di più ogni parola, ogni nota. C’è poi da dire che quando Fabi parla o canta riesce a incantare tutti e a far vibrare l’atmosfera. Ma al
momento di Una buona idea finalmente la voce viene fuori. Poi l’opposizione tra Ecco, una dichiarazione di amore eterno che supera la lontananza e l’abbandono, straziante urlo di dolore per la perdita della figlia, e Vince chi molla, in cui esorta invece a lasciare andare ogni
attaccamento. Nel teatro l’emozione è palpabile e i pezzi di vetro sparsi per terra non sono solo il verso di una canzone ma anche i fragili cuori di vetro del pubblico che frantumandosi, nota dopo nota, provocano uno zampillio generale di lacrime.

Sì, Fabi sa emozionare. E sembra esserci un tacito accordo in sala, del tipo: questa sera possiamo lasciar trasparire le nostre fragilità.

È il momento di Costruire, a mio parere una delle più belle canzoni italiane mai state scritte, e il concerto sembra avviarsi alla fine. Introduce Scotta facendo riferimento a tutto il male che c’è fuori dal teatro oggigiorno, davanti a cui l’arte non può girarsi dall’altra parte, citando un verso
della canzo: l’arte non è una posa, ma resistenza alla mano che ti affoga.

Tempo di ringraziamenti allo staff, in gran parte sabaudo. Dal calore del pubblico sembrano essere tutti parenti di qualcuno di loro, accorsi come fosse il concerto di debutto. Sembra una grande famiglia e Fabi non nasconde che la tappa torinese è sempre molto attesa. Tra i musicisti
anche un altro torinese per eccellenza, presentato come “il cantautore di Moncalieri”, Alberto Bianco, che ormai dal 2016 accompagna Niccolò nei suoi tour.
Chitarra e voce per il pezzo che da il titolo all’album: Tradizione e tradimento. Questo ossimoro, figura retorica tanto cara a Fabi, continua a non convincermi. Non riesco a decifrarne a fondo il significato, che il cantautore spiega come ricerca di un equilibrio fra memoria e prospettiva.

Mi convince però con i brani che chiudono il concerto: Vento d’estate, Il negozio di antiquariato, che mi fa tornare ai viaggi in camper con i miei genitori, e infine Lasciarsi un giorno a Roma.
Alcuni si precipitano sotto il palco; io li seguo e il concerto si conclude saltando nel corridoio che divide i due blocchi di poltrone del teatro.
Si riaccendono le luci e dall’impianto parte Lush dei Four Tet. Il pubblico batte le mani a tempo e Fabi & co. saltellano sul palco improvvisando un simpatico balletto.

Che dire, Niccolò? Sicuramente sei riuscito a far perdere l’equilibrio a tutti i presenti, a dare quella spinta che serve a tuffarsi o anche solo a guardarsi dentro, perché anche per quello ci vuole coraggio. Ma soprattutto dedicarsi un momento di serenità in cui poter stare bene con se stessi e la musica.

Le foto del report sono di Giacomo Baudi