Intervista a cura di Marcello Giangualano
Ciao, presentatevi, chi siete?
New Model Label nasce nel novembre 2007 e l’ho fondata io, Govind Singh Khurana; in seguito si è aggiunta la collaborazione di Lorenza Talevi, figura centrale anche per quanto riguarda l’A&R, la comunicazione e l’attività live.
Di che cosa vi occupate e da quando?
Ci occupiamo di musica praticamente da sempre. Ho cominciato agli inizi degli anni Novanta organizzando concerti in centri sociali e altre realtà, per i miei progetti musicali e per altri, poi ho frequentato il corso di formazione Rockimpresa del Centro Musica del Comune di Modena nella sua prima edizione, credo fosse il 1997 e da li ho lavorato poi come giornalista freelance e in una redazione di una radio, poi ancora in Edel, prima come ufficio stampa e poi come responsabile del marketing e della promozione. Infine New Model Label, che nasce come etichetta discografica, digitale e tradizionale, edizioni musicali, ufficio promozione e tante altre cose a cui daremmo anche il nome di management se non fosse che per realtà underground la parola mi sembra davvero spropositata.
Perché avete intrapreso questa strada?
Perché vedevo sempre più la decadenza del mercato discografico tradizionale, non vedevo una reale crescita in quello digitale e ho sempre avuto in mente di realizzare una cosa mia, partendo da progetti sviluppati in prima persona, senza dovere dipendere dal repertorio costruito da altri in anni di lavoro. Intendiamoci, lanciare un progetto è sempre una soddisfazione e quando questo ha una storia e un pubblico alle spalle richiede lo stesso attenzione e creatività, ma non è la stessa cosa di sviluppare davvero qualcosa in proprio. Detto questo, quando si parla di marketing applicandolo alla musica underground, a progetti che vorrebbero e dovrebbero essere alternativi, a me viene davvero da ridere. Come non ho alcun pregiudizio nei confronti del mainstream e del pop, dall’underground mi aspetto davvero altro, non le stesse logiche ripetute ma con budget inferiori ma contenuti diversi. Poi su Spotify ci sono sia i nostri artisti sia i Fugazi, quindi è chiaro che non è possibile ragionare con le logiche degli anni Novanta…
Continuerete ancora a lungo a realizzare le “cose fatte in casa”?
Continueremo ancora a lungo, in questa e altre forme. Non per particolari motivi ideologici, davvero, non ho nulla in contrario su lavorare con progetti già consolidati, con grandi nomi del rock, è una soddisfazione ed è sempre una grandissima esperienza e se dovesse capitare un progetto per noi valido e interessante saremmo disponibili, ma non rinunceremmo per questo al nostro lavoro su nuovi progetti o su artisti con cui collaboriamo da anni e nemmeno allo scouting. L’ipotesi di venire assorbiti da una multinazionale la vedo molto remota, una collaborazione mantenendo la nostra autonomia già più fattibile, se ci fossero le condizioni.
Parlateci della scena DIY di Ferrara/Bologna…
Faccio fatica a parlare di “scena”, almeno a Ferrara che è la realtà a noi più vicina, perché l’idea di scena presuppone a mio avviso una comunanza di intenti, sia estetici sia personali. Questo però non significa che non ci siano progetti molto interessanti, come molto interessanti sono anche diversi gruppi che vengono da Sermide (MN), dove sicuramente vediamo una grande vicinanza da un punto di vista delle persone ma non un’estetica unificante. Tendo ad associare la parola scena a ciò che accadeva in città come Seattle o Washington DC alla fine degli anni Ottanta.
Qual è il vostro ingrediente che fa la differenza?
La cultura, o meglio, le diverse culture che portiamo con noi, l’esperienza delle migliaia di dischi che abbiamo comprato e ascoltato, dei concerti che abbiamo visto, in cui abbiamo suonato, dei musicisti che abbiamo conosciuto ma anche stimoli extra musicali, i nostri viaggi, i libri letti, una visione che va oltre il mero aspetto tecnico ma che guarda al progetto musicale in maniera complessiva, al suo esistere nel mondo e in questo tempo.
Parlateci del vostro roster…
È davvero molto ampio ed eterogeneo, non vogliamo essere un’etichetta di genere, e quindi ci potete trovare molti nuovi cantautori così come progetti alternative rock, elettronica, folk e world music ma anche hard&heavy, nella nostra sub label, Raw Lines, e progetti sperimentali in niafunken.com. Nonostante ci arrivino diverse proposte non siamo riusciti a trovare qualcosa di puramente pop italiano che ci convincesse e che sentissimo nostra.
Che musica ascoltate?
Anche qui siamo onnivori, spaziamo dal blues degli anni Trenta alla world music, passando per sperimentazioni elettroniche, industrial, garage-punk, roots reggae, kraut rock e ci piace esplorare generi che in passato avevamo considerato marginalmente, come il jazz.
Qual è stata la miglior band live dell’anno 2015 e quale sarà secondo voi la band rivelazione del 2016?
Non me la sento di rispondere, farei torto a qualcuno. Posso solo parlare di un concerto e di un momento, quando i Gasparazzo sono saliti sul palco del concerto dedicato a Federico Aldrovandi a Ferrara, presentati da Lino Aldrovandi, il padre di Federico, ed hanno aperto con “Cristo è Là”, il cui testo è tratto proprio dalle parole di Lino.
Il vostro sogno nel cassetto?
Nel cassetto ho almeno 4 dischi miei, il sogno sarebbe terminarne almeno uno!
Vuoi farci una domanda?
Cosa vi aspettate dalla musica indipendente italiana?
Fai un saluto…
Un saluto a tutti i lettori e agli ascoltatori di RadioOhm ma anche a chi dedica il suo tempo preziosissimo per trasmettere!