//Don’t believe the hype

Don’t believe the hype

di Simone Barisione

Sabato 17 e domenica 18 novembre RadioOhm ha organizzato, in collaborazione con la rivista Rumore, un workshop di scrittura e critica musicale. Tenuto da Alessandro Besselva Averame, coordinatore di redazione di Rumore, il corso ha ospitato un intervento di Maurizio Blatto, altra firma storica della testata. Una delle esercitazioni proposte ai partecipanti è stata il racconto di quello stesso incontro in un breve articolo. Quaranta minuti a disposizione, meno di un compito in classe, per riunire impressioni e consigli emersi in una mattinata di confronto tra i due giornalisti e gli stessi allievi.
Questo il resoconto di uno degli iscritti al corso, Mattia Muscatello.

Qui di seguito potete leggere quello che ha scritto Simone Barisione, una delle due voci della nostra trasmissione La Cantina.

Come una bolla di sapone che scoppia e non fa rumore, come l’ultimo disco dei My Bloody Valentine, come la reunion posticcia dei Bluvertigo o dei Jesus & Mary Chain, come la Vapor Wave e l’accelerazionismo – vi ricordate di quando sembrava essere la prossima frontiera della musica? E oggi, a distanza di un paio d’anni, nessuno ne parla più -.

Mentre Maurizio Blatto fa il suo intervento mi devo sforzare di non cadere tra le braccia di Morfeo, non perché l’incontro non sia interessante – tutt’altro, in realtà un certo formicolio mi pervade le gambe, tipico di quando i temi trattati in una discussione mi eccitano –, ma per via del turno di notte al bar, che non mi ha permesso di dormire più di un’ora, forse un’ora e mezza a stare larghi.

Vi ricordate di Mtv Storytellers e della Maugeri? Beh, io sì.

In questo stato di dissociazione (e libere associazioni), mi chiedo cosa resisterà al tritacarne della velocità, al patchwork del post-moderno. Mi chiedo se “Rumore” continuerà per molti anni ancora, o diventerà irrimediabilmente un White Noise nei nostri ricordi.

Ve lo ricordate Don De Lillo? Beh, io sì.

Non credo sia un caso che una delle puntate meglio riuscite di Black Mirror, la famosa serie distopica targata Netflix, sia basata sulla cancellazione dei ricordi, e non sono certo io, ora, il primo a dire che chiedendosi “cosa rimarrà di tutto ciò?” si ponga una domanda fondamentale di questi anni.

È proprio in questo contesto che assume un senso la mia domanda a Maurizio: “Qual è il tuo rapporto con l’hype?”, formulata durante il workshop di scrittura musicale organizzato sabato e domenica scorsa da RadioOhm, Dewrec e Off Topic allo studio Gaar.

Lui mi ha fornito la sua risposta, lapidaria e sincera: “Io arrivo ultimo, e se quella determinata cosa arriva a me, vuol dire che è sopravvissuta all’hype”.

Mentre risponde vorrei chiedergli ancora tante cose, vorrei parlare ancora del Beaches Brew, dei long-form, vorrei chiedergli come funziona nel dettaglio una redazione di una rivista musicale cartacea e capire come è evoluta negli anni, vorrei sapere tante altre cose ancora, ma il tempo è poco e in fondo la domanda per me più importante gliel’ho posta.

Vi ricordate “Rockerilla”? Beh, io sì.

Che poi non riesco proprio a raccapezzarmi di questi tempi, per quanto tenga il passo e non sia un nostalgico per natura, e l’hype, in quanto simbolo del consumo culturale, è in antitesi a ciò che è durevole.

Maurizio parla di scrivere per fermare i momenti, per cristallizzarli nel tempo, di certo non un concetto originale (lo ammette lui stesso) ma sempreverde. Io sono d’accordo, e se mi chiederanno tra qualche decennio: “Vi ricordate di Rumore? E di Maurizio? Di RadioOhm e di Clara e Marcello? E del Gaar Studio?” Io risponderò: “Beh, io sì… E mi ricordo anche di Lou Reed”.

Qui la fotogallery del workshop “Music Writing”. Gli scatti sono di Edoardo Pivi.